Vittoria fu martirizzata intorno alla metà del III sec. d.C. e sepolta presso Trebula, nel luogo dove dapprima sorse un piccolo cimitero a catacomba e nell’VIII secolo una chiesa, che assunse l’attuale aspetto romanico nel XII secolo, reimpiegando materiale lapideo dell’antico centro.
Secondo la tradizione,la giovane Vittoria, di ricca famiglia, fu  martirizzata a Trebula Mutuesca sotto l’imperatore Decio, verso la metà del III sec. La leggenda narra che la fanciulla, riuscì a scacciare il drago che terrorizzava gli abitanti, convertendo al cristianesimo la comunità riconoscente. Il racconto, narrato nella Passio del V sec. d.C., concretizza la vittoria del cristianesimo sulla figura del drago, incarnazione del paganesimo.

In aggiunta, nell’immagine del drago potrebbe leggersi un richiamo specifico al locale culto pagano della dea Angizia, raffigurata con serpenti, sostituito dal culto cristiano di Santa Vittoria, sviluppatosi in età tardoantica. Sul sito tradizionale della sepoltura, infatti, comparvero prima delle catacombe, poi un sacello e infine la prima chiesa, eretta probabilmente nell’VIII secolo, sotto la tutela della potente abbazia di Farfa.
Con il pericolo saraceno, le reliquie della santa furono traslate, prima a Farfa e poi nelle Marche, con successiva dispersione in sedi diverse (Subiaco, Bagnoregio, Pisoniano), ma il ricordo e il culto di S. Vittoria rimasero vivi in Sabina, considerando che la chiesa venne ricostruita in più imponenti forme alla fine del XII secolo e restaurata più volte.

Posta su un terrazzamento artificiale alle pendici di Colle Foro, la chiesa attuale mostra le caratteristiche forme romaniche (XIIsecolo) con successivi interventi, sui lati e nell’abside, risalenti alla seconda metà del XV secolo per volere degli Orsini, i locali feudatari del tempo.
L’edificio è preceduto da un piazzale erboso, delimitato e abbellito da reperti archeologici  in pietra e marmo, tra cui rocchi di colonne, architravi, leoni funerari, epigrafi. Sulla destra un piccolo edificio porticato, restaurato di recente, che costituisce ciò che resta dell’antica canonica.
La facciata della Chiesa, interamente rivestita in marmo e pietra, è più stretta del complesso dell’edificio e corrisponde solo alla navata centrale e a quella destra.

Il portale, in marmo bianco decorato a girali, presenta al centro dell’architrave l’Agnus Dei con la croce, che compare anche sul timpano del protiro, ed è circondato da quattro finestrelle cieche ad arco. Un leggiadro protiro con colonnine incornicia il portale, sormontato da un rosone a otto petali; gli spioventi del tetto sono sottolineati da una serie di archetti ciechi a tutto sesto.
Fra le decorazioni di epoca romana, inserite nella facciata, degni di rilevo sono: un rilievo con un leone, un rilievo raffigurante il volto di Helios, probabilmente parte di un pulvino di monumento funerario romano, molto simile a quello attualmente collocatoalBelvedere Olivella a Monteleone Sabino.
L’atrio della chiesa, restaurato nel 1958, si presenta asimmetrico; l’accesso alla navata centrale, infatti, non è in asse con il portale esterno; si conservano alcuni degli affreschi originali, come la lunetta che raffigura la Madonna con Bambino fra i SS. Vittorino e Vittoria e due figure di sante sulla destra del portale (Vittoria e Anatolia?). Dall’atrio si scende al piano della chiesa, inferiore di circa un metro. L’interno, a tre navate, è irregolare e termina con un presbiterio sopraelevato e un’abside rettangolare.

La navata sinistra prosegue con una cappella anch’essa a pianta rettangolare, mentre la destra, più corta, termina all’altezza della torre campanaria.
Separano le navate due serie di arcate a tutto sesto: quelle a sinistra, più ampie, sono scandite da pilastri in muratura a sezione quadrata, quelle a destra da grosse colonne rudentate, di spoglio.
Probabilmente tutta la parte sinistra risente degli interventi di ricostruzione della seconda metà del XV secolo, che avrebbero ripristinato la navata crollata secoli prima; saggi di scavo eseguiti attorno ai primi sostegni delle arcate hanno evidenziato una fase precedente a un livello inferiore e il successivo riposizionamento della navata fuori asse rispetto alla fondazione originaria.
Il tetto è sostenuto da capriate, il pavimento è in lastre di pietra, per lo più di spoglio, fra cui frammenti di iscrizioni romane.
Presso l’ingresso, sotto il primo arco a sinistra un’acquasantiera ricavata da un rocchio di colonna scanalata. Nella navata destra si noti un sarcofago di marmo liscio, mentre sul lato opposto è addossato un altare sormontato da una nicchia rettangolare decorata finemente a motivi vegetali, recante una dedica dell’anno 1486.

La navata centrale è occupata da un pozzo, la cui acqua è collegata alla devozione per S. Vittoria. Il presbiterio, recintato, conserva un altare di pietra sormontato da un ciborio su colonne di marmo con cuspide piramidale in legno. Nell’abside è conservato un affresco raffigurante Santa Vittoria che tiene con la destra la palma del martirio; ai suoi lati sono raffigurati, con dimensioni ridotte, i committenti dell’opera. Il leggio, moderno, è stato ricavato utilizzando elementi antichi fra cui una tegola romana con bollo di fabbrica.
La navata sinistra presenta una porta laterale sormontata da una bifora; sulla parete sono visibili tracce di affreschi di epoca rinascimentale.
In corrispondenza dell’angusto accesso alla catacomba di S. Vittoria, due iscrizioni del vescovo di Rieti Dodone, inglobate nella muratura, ricordano le consacrazioni dell’altare e della chiesa (1156 e 1171).

Nel primo vano di ingresso alla catacomba si conserva un sarcofago romano strigilato, con l’effige del defunto appena abbozzata. A sinistra si scende nella catacomba, piccola e irregolare, che deve aver sfruttato una precedente cava di materiale inerte.
All’esterno della chiesa, sul lato destro si può percorrere un viottolo per osservare più da vicino il bel campanile romanico, alto e massiccio, alleggerito da due ordini di bifore spartite da agili colonnine marmoree; in basso si notano delle monofore sono state chiuse in un secondo tempo. Nel corpo della torre campanaria sono murate alcune epigrafi romane e un antico rilievo fallico. Anche sul lato sinistro dell’edificio si rileva la quantità di materiale di spoglio impiegato nella costruzione, fra cui frammenti di decorazioni a metope e triglifi e altre epigrafi.